Emotional Tour
Il mio percorso creativo
di ATTILIO SPAGNOLO
La produzione degli ultimi anni rivela la mia decisa scelta verso la pittura informale ed astratta, pur nella persistente ricerca di nuovi modi e tecniche di espressione.
Il mio obiettivo attuale è ancora quello della sperimentazione all’interno di un percorso avviato da anni ma ancora incompiuto. Non sono dunque alla ricerca di una cifra pittorica, ma provo a svelare a me stesso, la mia creatività interiore per seguire quanto mi comunica.
Mi avvicino alla tela, dunque, senza il vincolo di idee prestabilite ma condotto dall’esigenza di esprimermi per il tramite del gesto pittorico. L’opera diviene, dunque, il campo di un immaginario dialogo tra me e la tela, tra l’ emozione che mi ispira e quella che il dipinto mi restituisce .
In questa prospettiva condivido appieno quanto affermava Pollock e cioè che dipingere è azione di autoscoperta: per me il gesto pittorico è momento di rivelazione di me stesso, in ideale condivisione del socratico <<conosci te stesso>>. Un personale tentativo di svelare parte dell’anima, quella parte di noi che, secondo molte dottrine filosofiche, ha memoria del divino.
Ho sempre amato le scuole filosofiche in cui l’anima viene considerata mediatrice del rapporto tra uomo e divino, anzi della sua tensione. Mi affascina l’immagine dell’uomo che prova a liberarsi dalla materialità, che si affranca dalle distrazioni date dalle pulsioni fisiche e dall’interesse per le cose terrene, per avvicinarsi – anche grazie all’avanzare dell’età – sempre più al divino, verso un ideale ricongiungimento della nostra anima con la luce universale.
Il dialogo libero con la tela dunque costituisce, allo stesso tempo, azione di scoperta soggettiva e ricerca di una spiritualità che è comune a tutti noi e che, pertanto, ha anche valore universale.

Acrilico 160 x 160

Acrilico 120 x 80
Questa operazione introspettiva è tuttavia ardua e complessa, perché è difficile spogliarsi del nostro fardello quotidiano e dialogare con la nostra parte più intima: spesso mi avvalgo dell’ausilio della musica che, per me, ha più di ogni altra cosa il potere di suscitare emozioni profonde, che sollecita l’anima. Far partire la mia musica preferita, prima di iniziare a dipingere, costituisce così l’elemento costruito rispetto ad un processo creativo, per il resto, spontaneo e privo di struttura.
Il quadro è dunque il frutto di scelte apparentemente inconsapevoli, ma guidate da una regia intima che trasmette sensazioni ed emozioni verso il quadro, e che quest’ultimo restituisce mentre viene realizzato. Un immaginario dialogo – come ho detto prima – che si conclude nel momento in cui avverto che il dipinto ha espresso quella rivelazione e che la sua visione ha alfine placato quell’esigenza interiore che mi ha spinto ad avvicinarmi alla tela.
E’ dunque il momento espressivo, l’ispirazione, il caso (o il destino a seconda della propria concezione della vita) e la musica a guidare questo personalissimo processo di “outing spirituale” in cui emerge una parte di me stesso e dove, sempre con mia meraviglia, difficilmente vedo replicate tele già realizzate in precedenza.
Il processo poietico dunque prosegue fino all’esaurimento dell’energia creativa che, di solito, coincide anche con il raggiungimento di un equilibrio cromatico armonico e complessivo: il quadro diventa opera compiuta quando vedo riflesse le mie emozioni, la mia spiritualità, me stesso, come fosse una sorta di specchio interiore.
In questo dialogo mi capita anche di percepire che al quadro manca qualcosa, che l’opera non mi soddisfa: vuol dire che è ancora incompiuta, in quanto non è raggiunta quella “entropia emotiva” che porta al ricercato appagamento interiore.

Acrilico 100 x 80

Acrilico 100 x 80
In questi casi il dialogo con il quadro può durare settimane o mesi, fino al raggiungimento del cercato equilibrio. Volendo razionalizzare, si può affermare che la tela diviene cassa di risonanza intima in cui viene trasfuso il mio passato, la mia spiritualità, sensazioni razionali ed irrazionali, sentimenti, immagini e ricordi già vissuti, sicché l’opera diviene anche rivelazione inconscia.
Nel percorso creativo, dunque, racconto me stesso, la mia positività, il mio vissuto. I miei quadri divengono lo specchio dei miei dejà vu emozionali: l’incanto dinanzi alla bellezza della natura, al sentimento puro, all’amore in tutte le sue forme, al calore dell’amicizia. La mia pittura raramente evoca atmosfere cupe o melancoliche. E’ più vicina -specie in opere meno recenti (in cui prevale un uso del colore diretto e meno strutturato) - ad un carosello di colore emotivo, quale mio personalissimo atto di amore per la vita, nonostante la sua caducità e l’enorme fardello di dolore ed ingiustizia che inevitabilmente siamo destinati - chi più, chi meno- a portare. Anche quando prevalgono i toni scuri vi è sempre una luce che risalta, non solo per ricerca di equilibrio cromatico ma, soprattutto, quale elemento di contrapposizione al buio, ricerca della luce, dello stupore positivo.
Nelle opere più recenti, il colore è sempre protagonista delle mie opere, ma è più dosato, forse frutto del raggiungimento di una maggiore maturità espressiva, forse in ragione di una diversa tensione volta ad evocare un livello spirituale più profondo, più introverso e delicato.
Il valore del quadro, per me, non è dunque quello che rappresenta in sé, ma quello che trasmette seguendo un’ispirazione scevra dalle regole formali dell’arte. Un’opera che va valutata non per tecnica pittorica, ma per il messaggio inconscio ed emozionale che cerca di esprimere, un messaggio universale (e dunque popolare, mai colto od esoterico) che può essere accolto dalla sensibilità che è patrimonio di ciascuno di noi.
Sotto questo punto di vista l’opera, per me, comunica su un duplice piano: quello, certamente più evidente ed immediato, dell’emozione che l’equilibrio cromatico complessivo provoca; quello più nascosto, meno comprensibile allo sguardo, della spiritualità insita nell’atmosfera, nell’aura evocata dal contesto grafico che - sebbene quasi sempre destrutturato ed indefinito- viene a crearsi anche in assenza di soggetto o di paesaggio.
Ciascuno è portato ad elaborare quello che gli risulta ignoto, giungendo spesso a percepire qualcosa di familiare che altri non vedono: un soggetto, un tema, un paesaggio.
Vi è qualcosa di indefinibile che l’insieme delle linee, dei tratti e delle macchie di colore, può produrre in chi osserva il quadro, quando la mente non è condizionata o vincolata dalla visione di qualcosa di noto: questa trama, proprio in quanto estranea alla realtà quotidiana, può -nelle persone più recettive ed attente - avere una profonda valenza evocativa e trasportare l’osservatore più attento e predisposto, a sentire ad un livello più profondo l’emozione che la visione del quadro gli trasmette: empatia, gioia, serenità, trasporto, bellezza, ma anche fastidio, noia, dolore, ecc...
Se la rielaborazione soggettiva dell’opera è operazione spontanea in chiunque guarda un quadro informale, ritengo che - quando si riesce a trasfondere nel dipinto un contenuto spirituale- questo processo di rielaborazione possa orientare chi ha predisposizione, a percepire l’opera su di un diverso piano.
Per questo nella mia ultima produzione ho avvertito e continuo ad avvertire l’esigenza di approfondire la relazione con il quadro, attraverso una trama più strutturata ed atmosfere che mi paiono essere sempre più personali e soggettive, non prive di sensazioni di memorie di un vissuto (seppure non supportate da ricordi reali) che mi pare, seppure inconsciamente, più familiare.
In questa maggiore soggettività dell’espressione, frutto del dialogo con me stesso, percepisco una differenza rispetto alla produzione di alcuni anni fa.
La maggiore strutturazione - in cui riscontro anche un parziale superamento di alcuni stilemi e paradigmi del mio precedente percorso sperimentale “forbidden colours”- è forse rivelatrice di una più affinata educazione ad esprimere intimità, che tuttavia paga dazio verso un minor impatto sul piano emozionale, inconsciamente sacrificato ad una mia espressività che, tuttavia, mi pare più profonda, più difficile a rivelarsi. Credo discenda dalla necessità, anche per me, di più ed attente visioni dell’opera. Mi è capitato, nel rivedere alcuni di questi quadri a distanza di tempo, di veder restituite sensazioni diverse, svelate percezioni nuove, anche dopo ripetute osservazioni.
La mia aspirazione, attraverso le ultime opere, è dunque riuscire ad esprimere parte del percorso inconscio, qui ampiamente svelato, e così condividere con l’osservatore emozioni e sensazioni profonde ed inconsce.
La condivisione di questo mio “viaggio emozionale” propongo attraverso le opere frutto di questa mia ultima sperimentazione col titolo in inglese: “emotional tour” per renderne il significato intimistico ed al tempo stesso universale.